di Luca Lippi
Nuove regole sulla riforma della riscossione esattoriale. Queste sono state “costruite” sulla piattaforma di rinnovamento delle procedure di esazione che hanno aumentato i vantaggi per il contribuente, contestualmente assicurando anche l’organo preposto alla riscossione (Equitalia) sulle garanzie che chiunque chiede a fronte di un recupero del credito.
Vediamo le differenze fra la vecchia modalità e quella nuova, invero minime, ma comunque invasive.
Il filo sottile che cambia il punto di vista per il contribuente è quello che passa fra attività esecutive e attività cautelari.Il cambiamento sostanzialmente colpisce solamente il fermo amministrativo dell’auto (scooter, moto e automobile). La procedura è sempre la stessa, a seguito di una notifica di cartella esattoriale al contribuente da parte di Equitalia, il contribuente dispone di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento (i giorni diventano 90 se, al posto della cartella, il contribuente ha ricevuto invece un accertamento esecutivo da parte dell’Agenzia delle Entrate, atto che non richiede alcuna successiva notifica di cartella da parte di Equitalia, ma solo la comunicazione di presa in carico della riscossione). Se il pagamento avviene nei termini succitati non succede nulla, nel senso che non sopravviene il fermo amministrativo, e questo rimane esattamente così com’è sempre stato.
Se il cliente chiede la rateizzazione del debito (vecchia procedura) e comincia a pagare regolarmente, già dalla prima rata il fermo amministrativo viene rimosso. Con la nova procedura, se il cliente ottiene la rateizzazione del debito e questa sarà concessa dopo la scadenza dei termini per ottenerla (vale il giorno in cui è concessa e non il giorno in cui viene presentata la richiesta) il fermo amministrativo rimane per tutta la durata della dilazione, cioè il fermo amministrativo si può cancellare solo dopo avere dimostrato di aver versato l’ultima rata, quindi per una dilazione di 6 anni (72 rate) il contribuente può tornare a usare l’auto dopo 6 anni.
Quindi le nuove dilazioni previste nella delega fiscale entrata in vigore il 22 ottobre 2015 non sbloccano più il fermo dell’auto. Ovviamente, se il contribuente estingue prima il debito (procedura a stralcio con versamento in unica soluzione o versamento di rate residue in un’unica soluzione) la cancellazione è immediatamente ricevibile.
Ricordiamo ai furbetti che il fermo amministrativo su un auto “vetusta” non libera il contribuente dall’obbligo e dai rischi di nuove iscrizioni di fermo. In sostanza non è comprando una nuova vettura lasciando immatricolata la vecchia che si risolve il problema. Per debiti inferiori a 2.000 euro, Equitalia dovrebbe iscrivere il fermo su un solo veicolo del debitore; per debiti di valore compreso tra 2.000 e 10.000 euro, su un massimo di 10 veicoli e, infine, per debiti di valore superiore a 10.000 euro, su tutti i veicoli del debitore. Qualora il debito non sarà recuperato da Equitalia, è normale che su questo debito matureranno interessi e more, non ci vuole niente a passare la soglia di guardia dei 2000 euro!
Comunque il contribuente ha tutto il tempo di riflettere e provvedere alla soluzione meno onerosa o invasiva, infatti Equitalia prima di iscrivere il fermo amministrativo al debitore o ai coobbligati (garanti ab origine) deve notificare al debitore (e/o coobbligati) una comunicazione preventiva, con la quale li avvisa che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di 30 giorni, sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione.
È possibile evitare il fermo amministrativo? Dal 2013 il cosiddetto “decreto del fare” ha previsto che se il mezzo oggetto del fermo amministrativo è funzionale all’attività lavorativa del debitore, quest’ultimo può rivolgersi allo sportello Equitalia e presentare istanza di cancellazione del fermo, quasi sicuramente l’istanza non sarà accettata e quindi rimane il ricorso al giudice.
In seconda analisi, si può continuare a ricorrere secondo le procedure già in vigore da anni per vizio di notifica, errata indicazione della motivazione o addirittura per mancata indicazione del titolare responsabile dell’accertamento, mancanza indicazione del preposto competente all’impugnazione (giudice).
È utile ricordare che a seconda della natura del debito per potere intentare causa di impugnazione o risarcimento con giustificato motivo bisogna rivolgersi al Giudice di Pace per le sanzioni amministrative relative a contravvenzione del codice della strada (Multe), alla Commissione tributaria Provinciale per quanto riguarda contestazioni relative alle imposte e per quanto concerne i contributi previdenziali bisogna ricorrere al Tribunale sezione Lavoro.
È altresì utile ricordare che i costi per ricorrere spesso superano il debito da onorare, è bene sempre rivolgersi al proprio commercialista/tributarista per pianificare una strategia, per importi inferiori ai 2000 euro potrebbe essere utile utilizzare i servizi gratuiti delle organizzazioni di tutela dei consumatori. Siamo comunque convinti che presto sarà eliminata la farragine burocratica che spesso provoca l’impossibilità della gestione personale di queste pratiche. La certezza è che la differenza è solamente una, le imposte sono note all’origine, le leggi ci sono e si conoscono, basta rispettarle per non rischiare di finire nel caos della macchina burocratica.
Fonte: www.intelligonews.it