Sempre più spesso, soprattutto nel periodo di crisi attuale, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione notifica provvedimenti esecutivi a cittadini che non sono stati in grado di pagare quanto richiesto dall’Amministrazione Finanziaria, dall’INPS e degli enti pubblici territoriali (Comuni, Regioni e Province): si tratta di iscrizioni ipotecarie, pignoramenti sui conti correnti, fermi amministrativi di veicoli.
Ma i suddetti atti esecutivi sono sempre legittimi? È possibile difendersi dai loro effetti?
La risposta ovviamente non può essere univoca, dipende dai singoli casi; spesso però sono carenti i presupposti dei suddetti provvedimenti oppure è viziato il procedimento che li disciplina, con gravissimo pregiudizio dei diritti e dell’integrità patrimoniale dei cittadini.
Infatti i poteri attribuiti dalla legge al Concessionario per la Riscossione sono enormi in quanto permettono di incidere direttamente nella sfera giuridica del contribuente; gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione sono direttamente esecutivi: non è necessario cioè rivolgersi ad un giudice per potersi rivalere sul patrimonio del debitore.
Ma i suddetti poteri, giustificati dalla natura pubblicistica dei crediti da riscuotere, devono essere contemperati da regole rigidissime a tutela dei contribuenti, onde evitare abusi; il primo presupposto è l’esistenza di un debito certo ed esigibile.
Spesso il tributo non è dovuto ed anche la cartella di pagamento spesso non raggiunge il destinatario che quindi non ha contezza dell’esistenza del debito; addirittura spesso non viene notificato neanche il provvedimento esecutivo con il risultato che il contribuente viene a sapere dalla banca dell’esistenza di un’ipoteca su un immobile posto a garanzia di un mutuo.
Ma come difendersi da tutto ciò?
La prima cosa da fare è verificare se gli enti impositori (Agenzia delle Entrate, Comuni, etc.) ed Agenzia delle Entrate-Riscossione hanno rispettato la normativa di legge in materia e se il procedimento di notifica delle cartelle di pagamento e degli atti esecutivi è stato attuato correttamente; in caso contrario è possibile proporre ricorso presso le Commissioni Tributarie per contestare la debenza del tributo o anche per soli vizi formali, come irregolarità nelle notifiche ed eventuale decorso dei termini di decadenza per l’accertamento e l’iscrizione a ruolo.
È di fondamentale importanza attivarsi quanto prima: i suddetti procedimenti dinanzi alle Commissioni Tributarie hanno termini perentori per cui eventuali ritardi potrebbero compromettere in modo irreparabile le possibilità di successo.