di Michele Re
“Assegni” da corrispondere alla “moglie separata”. L’uomo non può certo evitare questo obbligo, però può scegliere una modalità alternativa di versamento, cioè “non corrispondere” alla donna “mensilmente” la somma fissata, pari a oltre 1.800 euro, bensì provvedere al “pagamento” di quasi 19mila euro per “rate di mutuo e spese che sarebbero state” comunque “a carico della coniuge”.
Opzione assolutamente legittima, quella dell’uomo, non solo di fronte alla moglie, ma anche di fronte al Fisco.
Su questo fronte, difatti, è evidente, sanciscono i giudici di Cassazione dando torto al Fisco, la “legittimità della deduzione” operata dall’uomo rispetto alle “somme versate” a favore della moglie.
Decisiva è la constatazione che “le somme corrisposte dal contribuente, in vece e per conto della coniuge separata, ad estinzione di ratei del mutuo a quest’ultima intestato, non ebbero importo maggiore dell’ammontare dell’assegno di mantenimento determinato dal provvedimento giudiziale adottato nel procedimento di separazione personale tra i coniugi”. Di conseguenza, è corretto ritenere “legittimamente fungibile, come modalità di adempimento dell’obbligo alimentare solitamente attuata a mezzo della diretta corresponsione dell’assegno periodico, quella che consiste nell’accollo dell’obbligazione pecuniaria gravante sul coniuge, che in tal modo ne resta sollevato”.
Fonte: www.fiscoediritto.it