L’attuale governo ha posto in essere una serie di interventi legislativi volti ad adeguare il diritto di famiglia a quelle che sono le esigenze di una società ormai profondamente mutata rispetto a quella nella quale sono maturate le pur importanti e sotto molti aspetti epocali riforme degli anni 70 del secolo scorso. Se è vero come è vero, infatti che Il legislatore del 1975 (in seguito alle importanti evoluzioni del costume portate dal femminismo e dal referendum sul divorzio del 1974) ha avuto il merito di capovolgere la concezione della famiglia sino a quel momento istituzionale a struttura piramidale con a capo il marito, stabilendo la “parità tra i coniugi”, introducendo “ la comunione legale dei beni” (per beneficiare il coniuge debole, quasi sempre la moglie) valorizzando il principio dell’uguaglianza, e stabilendo infine che “entrambi i coniugi sono tenuti con proprio lavoro, professionale o casalingo a contribuire ai bisogni della famiglia”, parificando il lavoro esterno a quello casalingo, è, altrettanto evidente che la grave crisi che sta attraversando l’istituzione “famiglia” al nostro tempo, con la diminuzione esponenziale dei matrimoni e la sostituzione con forme di convivenza more uxorio, rendevano e rendono ormai assolutamente indispensabile un intervento legislativo
volto a semplificare le procedure ed abbreviare i tempi ormai insopportabilmente lunghi ed onerosi per coloro che decidono di porre fine al matrimonio (anche 10 anni se si arriva in Cassazione).
Le ultime novità del legislative in materia di separazione e di divorzio scontentano molti e danno la stura ad una molteplice quantità di critiche, spesso basate, bisogna dirlo con uno sforzo di onestà intellettuale, su mere logiche di appartenenza politica.
Alcuni aspetti della riforma presentano tuttavia criticità che, con altrettanta onestà intellettuale, occorre mettere in evidenza: la Legge 12 settembre 2014 n° 132 dà al cittadino la possibilità di risolvere la separazione (o il divorzio) in forma congiunta attuando la negoziazione assistita, un accordo stipulato tra le parti separande con l’assistenza di due avvocati, ma tale procedura rimane di fatto condannata alla marginalità per alcuni motivi: è necessario trovare un accordo su tutto (a chi andrà la casa, presso chi vivranno i figli minori, quanto dovrà pagare il coniuge economicamente più forte); I tempi non saranno certo brevi come si potrebbe pensare perché la responsabilità di quell’accordo ricade sull’avvocato che tratta su diritti “indisponibili” e comunque dovrà, entro 10 giorni dalla conclusione, depositare gli accordi in Tribunale dove il P.M. dovrà rendere un parere obbligatorio sull’accordo valutando se l’accordo non sia contra legem e gli interessi dei minori siano adeguatamente tutelati; inoltre la riforma è assolutamente carente, questo occorre dirlo forte e chiaro, sotto l’aspetto della tempistica per la concessione di tale parere. Insomma anche chi, come chi scrive ha sempre creduto nella ricerca di modelli alternativi di giustizia, ha la sensazione che l’approccio usato dal legislatore nell’intento di risolvere i numerosi problemi che affliggono il processo civile sia affrettato e non sufficientemente meditato con le parti attive del processo (magistrati e avvocati) che ne conoscono appieno vizi e virtù.
Avv. Federico Vaccaro