Per giurisprudenza ormai consolidata (con l’autorevole avallo della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, decisione 12 marzo 2002, n.168) il risarcimento del cd. danno da vacanza rovinata può farsi rientrare nella previsione dell’art. 92 comma 2 del D.Lgs 206/2005; è quel pregiudizio che si sostanzia nel disagio e nell’afflizione subiti dal turista-viaggiatore per non avere potuto godere pienamente della vacanza. Tale voce di danno è configurata sia come danno patrimoniale (in considerazione del fatto che il godimento del bene “vacanza” viene considerato bene giuridico suscettibile di valutazione patrimoniale), e sia come voce di danno non patrimoniale. La risarcibilità del danno da vacanza rovinata, configurato come danno non patrimoniale, si fonda sul combinato disposto dell’articolo 2059 c.c. e dell’art.92 comma 2 del Codice del Consumo, secondo il quale il consumatore, in caso di annullamento del pacchetto di viaggio senza colpa da parte del consumatore, ha diritto, oltre alla restituzione della somma o, in alternativa, all’offerta di una prestazione equivalente da parte del tour operator, al risarcimento di “ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto”. Come insegna la sentenza della Corte di Cassazione 11 maggio 2012 n. 7256: “Il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, secondo quanto espressamente previsto in attuazione della Direttiva n. 90/314/CEE, costituisce uno dei “casi previsti dalla legge” nei quali, ai sensi dell’articolo 2059 cod. civ. , il pregiudizio non patrimoniale è risarcibile. Tuttavia, non ogni disagio patito dal turista legittima la domanda di risarcimento di tale pregiudizio non patrimoniale, ma solo quelli che – alla stregua dei generali precetti di correttezza e buona fede – superino una soglia minima di tolleranza, da valutarsi caso per caso, con apprezzamento di fatto del giudice di merito.”
Fonte: www.ilikepuglia.it