di Filomena Masi
Era il 5 marzo 2010 quando il sig. González, cittadino spagnolo, citava in giudizio la testata giornalistica La Vanguardia Ediciones SL, nonché Google Spain e Google Inc perché, quando un utente di Internet introduceva il suo nome nel motore di ricerca del gruppo Google otteneva dei link verso il quotidiano La Vanguardia su cui figurava un annuncio, menzionante il nome del sig González, per una vendita all’asta di immobili connessa ad un pignoramento effettuato per la riscossione coattiva di crediti previdenziali. La sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2014 che ne è derivata ha riconosciuto per la prima volta il diritto ad essere dimenticati.
E’ il 19 luglio 2018 quando il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Napoli ha rinviato a giudizio l’ex fidanzato di Tiziana Cantone, la ragazza che chiedeva l’oblio, la 31enne che il 13 settembre 2016 si è suicidata dopo che erano stati diffusi online dei video hard nei quali era chiaramente riconoscibile. Ed è con riferimento a questo triste fatto di cronaca che si è molto sentito parlare del diritto a voler eliminare dalla rete contenuti che possono ledere la dignità, la privacy e la libertà delle persone.
Da anni la giurisprudenza riconosce il diritto all’oblio, il diritto ad essere dimenticati, diritto che ha trovato la propria disciplina nel General Data Protection Regulation, abbreviato GDPR.
Questo testo introduce una serie di innovazioni molto importanti, non solo per i singoli cittadini ma anche per le Pubbliche Amministrazioni e per le aziende: regole più chiare per il consenso al trattamento dei dati personali, limiti al trattamento autorizzato dei dati stessi, nuovi e importanti diritti e regole più stringenti per il trasferimento dei dati fuori dal territorio comunitario e peri i casi di violazione dei dati personali.
Il diritto ad essere dimenticati può essere definito come interesse del soggetto alla non pubblicazione di notizie che lo riguardino, come pretesa a riappropriarsi della propria storia personale, a recuperare il dominio sui fatti personali dopo che questi sono stati divulgati. E’ il diritto a che non permanga il ricordo di specifici fatti con conseguente correlazione ad essi di uno o più determinati nomi e cognomi, affinché la sfera di intimità e di riserbo dell’individuo sia tutelata e protetta da ingerenze altrui. Esso gode di autonomia concettuale rispetto al diritto alla riservatezza ed al diritto all’identità personale e, di recente, a novembre 2018 la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite per ottenere un chiarimento in merito alla dibattuta questione relativa al bilanciamento tra diritto di cronaca e diritto all’oblio.
In particolare è stato chiesto di individuare univoci criteri di riferimento i quali consentano di conoscere preventivamente i presupposti in presenza dei quali un soggetto ha diritto di chiedere che una notizia a sé relativa, diffusa in passato, non resti esposta e non venga divulgata a tempo indeterminato.
Il fondamento del diritto in questione ben si può rinvenire nell’art. 2 Cost., clausola generale attraverso la quale garantire la copertura a livello costituzionale di diritti della personalità di nuovo conio.
Il nuovo diritto all’oblio su internet consiste nella cancellazione dei propri dati personali anche e soprattutto online da parte del titolare del trattamento, se vanno a realizzarsi e verificarsi una serie di condizioni. Il diritto ad essere dimenticati diventa un diritto fondamentale nell’era digitale perché, come ormai noto, la rete, di suo, non dimentica e basta digitare poche parole per risalire a notizie decennali. Proprio per questo esistono diverse procedure per eliminare dalla rete le notizie riguardanti i soggetti che ne facciano richiesta.
Si può chiedere la cancellazione dei propri dati anagrafici da notizie che non siano di pubblico interesse, non siano attuali o non siano veritiere; ciò vuol dire che sussistono comunque casi in cui il diritto all’oblio può essere limitato: si tratta della garanzia dell’esercizio della libertà di espressione o il diritto alla difesa in sedi giudiziarie, la tutela di un interesse generale, come la salute pubblica o quando i dati sono necessari ai fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici.
Fonte: www.salvisjuribus.it