Un particolare aspetto del risarcimento del danno da vacanza rovinata può essere individuato nella responsabilità del gestore degli impianti in ipotesi di danno subito dal fruitore delle piste da sci.
Appare utile, in via preliminare, soffermarsi brevemente sulla distinzione posta dalla Giurisprudenza tra il trasporto a monte a mezzo di seggiovie o altri impianti similari dal trasporto a monte in sciovia, cosiddetto skilift.
Se infatti il contratto di seggiovia può essere assimilato a tutti gli effetti ad un contratto consensuale ad effetti obbligatori ed a prestazioni corrispettive mediante il quale il vettore si obbliga a trasportare il passeggero da un luogo ad un altro, il contratto di risalita in sciovia è stato considerato un contratto atipico non assimilabile al contratto di trasporto, con tutte una serie di conseguenze. La più rilevante è che nel caso del trasporto in sciovia non sono applicabili tutte le presunzioni iuris tantum di responsabilità del vettore proprie del contratto di trasporto disciplinate dall’art. 1681 c.c.. La motivazione di tale corretta distinzione è facilmente comprensibile. Infatti, mentre nel trasporto a monte a mezzo di seggiovia il trasportato si affida completamente al mezzo meccanico ed è altresì compito del gestore dell’impianto assicurare che al momento dell’imbarco e della discesa vi sia personale idoneo a verificare che tali manovre si svolgano senza il verificarsi di situazioni di pericolo, nel caso del trasporto in sciovia manca il completo affidamento del passeggero al gestore dell’impianto. Lo sciatore trainato in sciovia conserva infatti la sua autonomia di movimento e pertanto “deve essere in possesso di una adeguata preparazione tecnica e prestare una attenta collaborazione al trasporto senza incidenti” (C. App. Roma 2/12/1981). In questa seconda ipotesi la responsabilità del gestore per i danni subiti dallo sciatore dovrà essere individuata in base ai più rigidi criteri della responsabilità extracontrattuale con onere della prova a carico del danneggiato.
Con l’entrata in vigore della Legge 24 dicembre 2003 n. 363, che detta norme in materia di sicurezza nella pratica non agonistica degli sport invernali da discesa e da fondo, ed enuncia alcuni principi fondamentali per la gestione in sicurezza delle aree sciabili, si è introdotto un principio di maggiore tutela del fruitore degli impianti sciistici.
Infatti, prima della entrata in vigore della predetta normativa, non sussisteva alcun obbligo in capo al gestore degli impianti di risalita di mantenere anche le aree sciabili e men che meno predisporre tutti quegli accorgimenti che potessero evitare situazioni di pericolo sulle piste. La giurisprudenza con varie pronunzie si era sempre espressa nel senso di non riconoscere, nell’ipotesi di incidenti occorsi lungo le piste di discesa, alcuna responsabilità del gestore dell’impianto di risalita perché aveva ad oggetto il servizio di trasporto a monte, ma non poteva estendere i suoi effetti alla successiva discesa effettuata dallo sciatore con mezzi propri e con propria autonoma determinazione e condotta.
Con l’entrata in vigore della norma citata, e l’ampliamento del contratto di skipass, il quale, a fronte del pagamento da parte dell’utente di un certo corrispettivo offre la possibilità di godere dei servizi di risalita nonché di utilizzare le piste da sci, il gestore ha assunto ulteriori obblighi, tra cui quello di attrezzare e mantenere le aree sciabili in modo tale da evitare situazioni di pericolo per gli utenti.
La coincidenza tra il gestore dell’impianto e quello delle aree sciabili con i relativi obblighi, imposti dalla normativa sopra citata, di garantire la sicurezza degli sciatori, hanno agevolato la valutazione della sussistenza degli elementi per poter configurare nel caso concreto la responsabilità del gestore sia sotto il profilo contrattuale che extracontrattuale. Con riferimento a tale ultimo aspetto, è interessante evidenziare quanto stabilito da una pronuncia del Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone (sent. 21 maggio 2007, in Foro It. 2007, I 33230), “posto che il gestore di aree sciabili è anche custode delle piste nel momento in cui vi eserciti un potere di controllo, e che anche una pista da sci, benché priva di un proprio dinamismo, può trasformarsi in una cosa produttiva di danno, ai sensi dell’art. 2051 c.c., spetta al danneggiato provare, alla stregua del consueto criterio di normalità statistica, che tra la cosa e il danno vi sia il rapporto di causalità, mentre giova poi sul custode una prova liberatoria particolarmente onerosa, identica a quella attribuita dall’art. 1218 c.c., costituita dal caso fortuito”.
Occorre tuttavia evidenziare che il profilo della responsabilità del gestore inquadrato secondo l’art. 2051 c.c. è stato mitigato dalla stessa Legge 363/2003 con la previsione di precisi obblighi di comportamento anche per gli sciatori, i quali, ad esempio sono tenuti ad indossare il casco di protezione se minori di anni 14 (art. 8), a tenere una condotta che, in relazione alle caratteristiche della pista ed alla situazione ambientale non costituisca pericolo per l’incolumità altrui (art.9), devono tenere una direzione che gli consenta di evitare collisioni (art.10).
Roma 10 febbraio ’14 Avv. Federico Vaccaro
Articolo redatto con il contributo del volume: il risarcimento del danno da vacanza rovinata – Roberto di Napoli – Edizione III – Gennaio 2012 – Maggioli Editore