La legge riconosce a colui che versa periodicamente un assegno di mantenimento a favore del coniuge per effetto di separazione (o divorzio) la possibilità di dedurlo dai redditi imponibili, ai fini della determinazione dell’imposizione fiscale.
di Manuela Margilio
L’assegno di mantenimento è un provvedimento di tipo economico disposto dal giudice e consiste nel versamento di una somma di denaro che può essere rivista nel tempo, a favore del coniuge o di eventuali figli.
L’assegno può essere corrisposto periodicamente (solitamente con scadenza mensile) o in unica somma di denaro; talvolta può essere versato per voci di spesa (ad esempio canone d’affitto o spese condominiali).
Il suddetto obbligo viene imposto dal giudice a vantaggio del coniuge economicamente debole e, ad ogni modo, la sua entità è correlata ai redditi del coniuge obbligato.
Tassazione e condizioni per la deducibilità (art. 10 c. 1, lett. c TUIR)
L’assegno di mantenimento è una somma di denaro che fuoriesce dal reddito del soggetto obbligato (coniuge separato o ex coniuge in caso di divorzio) e che entra a far parte dei redditi del beneficiario. Pertanto non viene goduto dal contribuente che ne effettua il versamento. Di qui la deducibilità del suddetto assegno a favore del soggetto obbligato.
In primo luogo è necessario precisare che sono deducibili unicamente gli assegni di mantenimento destinati al coniuge e non ai figli per il loro sostentamento.
Il principio della deduzione non opera pertanto quando l’assegno è destinato al mantenimento del figlio. Le somme a favore dei figli a carico costituiscono proventi esenti da tassazione. In relazione agli oneri sostenuti per il mantenimento dei figli, infatti, spetta la detrazione d’imposta per figli a carico.
Affinché si possa parlare di oneri deducibili è necessario che gli assegni siano versatiperiodicamente. Se le somme vengono pagate in unica soluzione le regole esposte non trovano applicazione. Si ritiene che l’assegno versato in unica soluzione abbia natura risarcitoria nell’ambito dei rapporti privati tra i coniugi e di conseguenza non è deducibile per chi lo versa né imponibile per chi lo riceve.
Ultima condizione per poter dedurre, ai fini fiscali dal proprio reddito, la quota suddetta, è che gli assegni siano corrisposti a seguito e in forza di provvedimento dell’autorità giudiziaria: ordinanza presidenziale, decreto di omologazione emesso dal Tribunale in caso di separazione consensuale, sentenza emessa per separazione giudiziale.
Imposta a carico del coniuge beneficiario
Alla deducibilità dell’assegno da parte del soggetto obbligato consegue l’obbligo del beneficiario di versare l’imposta su quanto percepito. In materia si applica il principio in base al quale le imposte sui redditi derivanti dalle somme corrisposte sono a carico di colui che le riceve e ne beneficia.
Gli assegni periodici costituiscono infatti per il coniuge economicamente debole,redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Quindi se chi paga l’assegno lo deduce, chi lo riceve lo deve dichiarare, pagando le relative imposte. A meno che si tratti di somma in unica soluzione che sarà esente da tasse per chi la riceve.
Accade spesso che l’autorità giudiziaria quantifichi nel suo complesso la somma dovuta con assegno, senza specificare se sia a favore del coniuge o del figlio.
In tal caso, solitamente, la somma viene divisa in pari quote tra i destinatari. Con il medesimo criterio si potrà identificare la quota sulla quale l’obbligato non sarà tenuto al pagamento delle imposte e che dunque potrà essere dedotta.