di Maria Luisa Missiaggia
L’omesso mantenimento dei figli minori, per il tribunale di Velletri, è una violenza economica, da considerarsi indice di inidoneità genitoriale
- Omesso mantenimento: quali conseguenze per il genitore?
- Omesso mantenimento: le soluzioni
- Il disinteresse del padre va “punito”
- I precedenti giurisprudenziali
- Ai doveri corrispondono i diritti
Omesso mantenimento: quali conseguenze per il genitore?
L’omesso mantenimento dei figli può essere un comportamento di rilevanza tale da denotare l’inidoneità ad affrontare le responsabilità che derivano dall’affido condiviso, con conseguenze molto pesanti per il genitore che se ne rende responsabile.
Vediamo in che misura, analizzando un’importante decreto del 26 aprile 2021 pronunciato dal Tribunale di Velletri e qui sotto allegato.
Omesso mantenimento: le soluzioni
Alla base della pronuncia c’è la seguente vicenda.
La signora Giulia (nome di fantasia) si rivolge a Studiodonne per risolvere l’annoso problema dell’omesso pagamento di mantenimento da parte dell’ex nei confronti delle due figlie. Il padre nonostante ometta di pagare, chiede di decidere della sorte delle figlie, su scuola, spese sanitarie, dentista e luogo dove vivere. Addirittura non dà il consenso all’iscrizione scolastica per le figlie pretendendo un’iscrizione in un altro Comune vicino alla abitazione dello stesso. Dallo studio spiego tuttavia alla Signora che la soluzione c’è: chiedere della modifica dell’affidamento da condiviso ad esclusivo.
Gli ex coniugi si separavano nel 2017 a condizioni concordate e omologate dal Tribunale. L’accordo prevedeva l’affidamento condiviso delle figlie e regolava, inoltre, il diritto di visita del padre alle minori, prevedendo un assegno quale contributo al mantenimento delle bambine di euro 500,00 mensili, da versarsi alla madre. Nel 2020, il padre rifiutava inoltre di prestare il consenso per l’iscrizione alla scuola pubblica delle figlie e pertanto la madre depositava ricorso ex art 709ter c.p.c. per chiedere l’autorizzazione, inaudita altera parte, per l’iscrizione a scuola pubblica delle minori.
Il Tribunale di Velletri, rilevando il rifiuto ingiustificato dell’uomo all’iscrizione delle figlie a scuola, quale loro diritto fondamentale, lo condannava al pagamento delle spese di giudizio.
Con successivo ricorso ex art. 709ter II comma c.p.c., veniva sollecitata la modifica dei provvedimenti vigenti e l’emissione di una sanzione a carico del padre per aver violato ripetutamente il provvedimento della separazione poiché non aveva rispettato negli anni il diritto di visita e ometteva da più di quattro anni il versamento dell’assegno di mantenimento per le minori. Con provvedimento del 18 giugno 2020, il Giudice ammoniva il padre, ex art. 709ter II comma n. 1 c.p.c., a non commettere ulteriori inadempimenti in ordine al suo obbligo di mantenimento.
Nel corso del procedimento, si svolgeva la CTU ed il padre continuava ad omettere il versamento del contributo di mantenimento, in spregio alla precedente ammonizione.
Il disinteresse del padre va “punito”
Con decreto n. 3087/21 pubblicato il 26 aprile 2021, il Tribunale di Velletri si è pronunciato sull’omissione del mantenimento da parte del padre, così argomentando: “Tale inadempimento […] è da ritenersi alquanto grave nella misura in cui evidenzia un totale disinteresse e sprezzo del padre per le esigenze di educazione cura ed istruzione delle figlie che vengono fortemente pregiudicate dalla mancata corresponsione del mantenimento da parte del padre sin dal 2017”. Richiamando poi l’orientamento della Cassazione, ex multis la sentenza n. 26587 del 17 dicembre 2009, il giudice ha ritenuto tali comportamenti sintomatici della “inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta”.
Nel decreto è evidenziata, poi, la condotta di violenza economica, quale “indice di inidoneità genitoriale” come riconosciuta anche dal Tribunale di Roma con sentenza n. 22638 del 25 novembre 2019 (che pure qui sotto si allega).
Per queste dettagliate motivazioni il Tribunale di Velletri ha quindi disposto l’affido esclusivo delle figlie minori alla madre, condannando il padre al pagamento dei 2/3 delle spese di lite.
I precedenti giurisprudenziali
La sentenza della Corte di Cassazione n. 26587 del 17 dicembre 2009, richiamata dal provvedimento in commento, ha espresso un orientamento granitico, specificando che può derogarsi al regime di affidamento condiviso solo qualora si rinvenga una condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa tale da rendere l’affidamento condiviso pregiudizievole per i figli. L’omissione del pagamento del mantenimento per i figli, rileva la Suprema Corte, è sintomatico della mancanza di qualsiasi impegno da parte del genitore inadempiente per soddisfare le esigenze dei figli.
Si determina così una situazione contraria all’interesse dei figli che è di fatto ostativa all’affidamento condiviso.
La sentenza del Tribunale di Roma n. 22638 del 25 novembre 2019, anch’essa citata dal Tribunale di Velletri, ha invece ritenuto l’omesso versamento del mantenimento quale indice di uno scarso interesse del genitore (come sancito dalla Corte di Cassazione) ed ha inoltre inquadrato tale omissione nell’ambito della violenza economica, come descritta nella Convenzione di Istanbul e ratificata in Italia con la Legge 77/2013.
Nella prassi, purtroppo, la violenza economica raramente viene riconosciuta e rilevata dai tribunali italiani, per tale motivo l’essere riusciti a dimostrare il pregiudizio effettivamente subito dalle figlie e l’inidoneità del padre, con conseguente statuizione dell’affidamento esclusivo, è un gran successo: da ora in poi la mamma potrà assumere in autonomia le decisioni di maggior interesse per le figlie.
Ai doveri corrispondono i diritti
Come dichiarato qualche tempo fa dalla scrivente in un’intervista “Ciò che deve essere compreso è che a doveri corrispondono diritti e viceversa. Il genitore che intende condividere la vita del figlio lo deve fare occupandosi anche della realtà concreta economica dando priorità nelle spese al diritto al mantenimento in favore dei figli. Ed a nulla rileva, come nel caso di specie, che la mamma fosse persona abbiente atteso che il padre capace di produrre reddito era obbligato a quanto dallo stesso sottoscritto. Forse era troppo sicuro di restare impunito confidando nella lungaggine di processi. E’ chiaro che la decisione è appellabile, ma il Collegio ha esaustivamente motivato la decisione”.
Fonte: studiocataldi.it