di Alessandra Concas
La legge 6 maggio 2015, n. 55, ha rivisto i termini per ottenere il divorzio.
La finalità della riforma è accelerare i tempi in modo che i due coniugi si possano separare e, poi, divorziare in tempi meno lunghi, anche in ragione delle diverse modalità con le quali oggi si può sciogliere il vincolo del matrimonio.
La legge italiana non parla mai di divorzio, parla di scioglimento del matrimonio oppure, se si tratta di matrimonio concordatario, il matrimonio contratto in chiesa secondo il rito cattolico, parla di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La legge 1 dicembre 1970, n. 898, ha introdotto il divorzio nel nostro Paese.
Secondo questo provvedimento, il giudice può pronunciare il divorzio quando si è assicurato che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita in presenza di una delle cause previste dalla stessa legge.
Secondo il dettato normativo, la richiesta di divorzio può essere presentata da uno dei coniugi in presenza di determinate circostanze.
Quando, dopo la celebrazione del matrimonio, un coniuge è stato condannato in via definitiva, anche per fatti commessi in precedenza, alla pena dell’ergastolo oppure a una pena superiore a anni quindici, o per reati gravi contro la famiglia, o per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;
Quando un coniuge è stato assolto per vizio di mente da uno dei delitti previsti sopra, se il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio determina l’inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare.
Se è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, oppure è stata omologata la separazione consensuale o si ha separazione di fatto quando la stessa è iniziata almeno due anni prima dell’entrata in vigore della legge del 1970.
Se il procedimento penale intrapreso contro uno dei coniugi per i delitti gravi previsti dalla legge si sia concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciarsi sul divorzio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi.
Quando un coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all’estero un altro matrimonio.
Se il matrimonio non è stato consumato.
Se è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso.
In simili casi, prima della riforma del 2015 la legge diceva che per la richiesta di divorzio le separazioni si dovevano essere protratte senza interruzione per almeno tre anni dall’avvenuta comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale, anche nel caso di separazione personale.
Quando è stata introdotta la riforma i termini sono stati molto ridotti ed è stata determinata una differenza tra separazione giudiziale e separazione consensuale.
La norma dice che per la proposizione della domanda di divorzio le separazioni si devono essere protratte senza interruzione da almeno dodici mesi a seguito della comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale.
Il termine molto di sei mesi vale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato, dalla data dell’atto che contiene l’accordo di separazione concluso davanti all’ufficiale dello stato civile.
Si può dedurre che la legge 2015/55 oltre a ridurre i termini per ottenere il divorzio a seguito di separazione, ha anche previsto altri modi di separarsi.
A norma dell’articolo 150 del codice civile, in precedenza, la separazione personale dei coniugi era di due tipi, giudiziale e consensuale.
La separazione giudiziale presuppone una situazione di conflitto tra i coniugi che, non avendo raggiunto un accordo, si rivolgono al giudice.
Può essere richiesta da uno o da entrambi, quando si verificano fatti che rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o che recano recare grave pregiudizio all’educazione della prole.
La separazione consensuale, presuppone un accordo dei coniugi, che ha in oggetto l’opportunità di procedere alla separazione e la regolamentazione dei loro rapporti patrimoniali e le decisioni relative all’affidamento dei figli e al loro mantenimento.
Anche se la separazione è consensuale è previsto un passaggio davanti al giudice.
L’accordo dei coniugi, avere carattere di efficacia, deve essere sottoposto alla valutazione del giudice e omologatodal tribunale.
Una separazione consensuale non omologata resta una separazione di fatto.
A seguito della riforma, è possibile separarsi senza ricorrere al tribunale, con l’assistenza di un avvocato oppure davanti all’ufficiale dello stato civile.
Attraverso lo strumento della negoziazione assistita, la legge consente ai coniugi di recarsi dal proprio avvocato di fiducia per ottenere la separazione o il divorzio.
Si attua una specie di mediazione che termina in un accordo con il quale le parti regolamentano i loro rapporti.
I coniugi sono obbligati a farsi assistere almeno da un avvocato per parte e concludere il procedimento in un lasso di tempo determinato dalle stesse parti, che non può essere inferiore a un mese né superiore a tre, prorogabile di trenta giorni su accordo delle parti.
L’accordo deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, e sottoscritto dalle parti e dai rispettivi avvocati.
La convenzione deve contenere la modifica dello status dei coniugi, gli aspetti economici della cessazione dell’unione coniugale, le disposizioni sui figli e il loro affidamento e relativo mantenimento.
L’accordo non è completamente esente da una fase giudiziale.
In assenza di figli (minorenni o maggiorenni incapaci o non autosufficienti), l’accordo concluso deve essere trasmesso al pubblico ministero presso la Procura della Repubblica competente per territorio, il quale deve concedere il suo nulla osta. Se il pubblico ministero rileva irregolarità, l’accordo ritorna alle parti che rinegoziano l’accordo o, in assenza di un comune consenso, possono procedere in via giudiziale.
La situazione è diversa in presenza di figli minori o maggiorenni incapaci o non economicamente autosufficienti.
In questo caso l’accordo, nel termine perentorio di dieci giorni dalla sua conclusione, deve essere trasmesso al pubblico ministero che lo può autorizzare se lo ritiene corrispondente all’interesse dei figli oppure, lo trasmette entro cinque giorni al Presidente del tribunale.
L’avvocato è tenuto a trasmettere all’ufficiale dello stato civile del Comune nel quale il matrimonio è stato iscritto o trascritto, l’accordo autenticato dallo stesso, munito delle certificazioni.
La procedura della separazione o del divorzio davanti all’ufficiale dello stato civile, è molto più veloce ed economica.
A differenza della negoziazione assistita, i coniugi non sono obbligati a farsi assistere da un avvocato.
Questo tipo di separazione può essere concluso esclusivamente da coniugi senza figli minorenni o maggiorenni incapaci o portatori di handicap oppure economicamente non autosufficienti e non può contenere patti di trasferimento patrimoniale.
La norma precisa che i coniugi che abbiano effettuato la dichiarazione di volere divorziare siano riconvocati dall’ufficiale dello stato civile per confermare l’accordo dopo trenta giorni.
L’accordo concluso davanti all’ufficiale dello stato civile, così come avviene per la negoziazione assistita, produce gli effetti di un provvedimento giudiziale sin dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione o divorzio.
Il divorzio davanti all’ufficiale dello stato civile si può ottenere esclusivamente a determinate condizioni.
Una circolare ministeriale del 2015 ha precisato che questo tipo di divorzio non si può attuare in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, oppure economicamente non autosufficienti, quando questi siano figli di entrambi i coniugi.
Se sono figli di una delle parti, si potrà procedere senza inconvenienti.
La stessa circolare ha precisato che l’accordo relativo all’obbligo di pagamento di un assegno periodico di mantenimento, non rientra nell’ipotesi di divieto di trasferimento patrimoniale, mentre è vietato l’obbligo di pagamento in un’unica soluzione.
Fonte: www.diritto.it