Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne che grava sul genitore cessa con il conseguimento, da parte figlio, dell’autosufficienza economica.
Il ritorno settimanale del figlio maggiorenne non autosufficiente presso la casa assegnata al genitore collocatario giustifica il mantenimento dell’assegnazione dell’immobile
Il ritorno settimanale del figlio maggiorenne non ancora autosufficiente presso la casa familiare assegnata al genitore collocatario, ma non proprietario del bene, integra il requisito della coabitazione tra i due soggetti. Ciò giustifica il mantenimento dell’assegnazione dell’immobile stabilito in sede di separazione. (Nella fattispecie, la Cassazione ha respinto il ricorso del padre divorziato contro il diritto del figlio a godere della casa familiare, affermando la effettiva coabitazione di questi con la madre).
Cassazione civile sez. VI, 27/10/2020, n.23473
Divorzio: revoca dell’assegnazione della casa coniugale se i figli non convivono più con il genitore assegnatario dell’immobile.
In materia di separazione e di divorzio, l’assegnazione della casa familiare risulta finalizzata alla esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta, non potendo essere disposta, a mo’ di componente degli assegni rispettivamente previsti dall’art. 156 c.c. e dall’art. 5 della legge n. 898 del 1970, allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, a garanzia delle quali sono destinati unicamente gli assegni di mantenimento, onde la concessione del beneficio in parola resta subordinata all’imprescindibile presupposto dell’affidamento di figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ed economicamente non autosufficienti. La nozione di convivenza rilevante ai fini dell’assegnazione della casa familiare ex art. 337-sexies c.c. comporta la stabile dimora del figlio maggiorenne presso la stessa, sia pure con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi e con esclusione, quindi, dell’ipotesi di rarità dei ritorni, ancorché regolari, configurandosi in tal caso, invece, un rapporto di mera ospitalità; deve pertanto sussistere un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, caratterizzato da coabitazione che, ancorché non quotidiana, sia compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché vi faccia ritorno appena possibile e l’effettiva presenza sia temporalmente prevalente in relazione ad una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese)
Tribunale Brindisi, 16/04/2020
Ingresso effettivo del figlio maggiorenne nel mondo del lavoro: segna la fine dell’obbligo di contribuzione da parte del genitore.
L’ingresso effettivo del figlio maggiorenne nel mondo del lavoro, con la percezione di una retribuzione sia pure modesta ma che prelude a una successiva spendita dalla capacità lavorativa a rendimenti crescenti, segna la fine dell’obbligo di contribuzione da parte del genitore e la successiva l’eventuale perdita dell’occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento.
Tribunale Salerno sez. I, 03/09/2020, n.2106
Mantenimento dei figli e legittimazione del genitore convivente con il figlio maggiorenne
In tema di mantenimento dei figli, la legittimazione del genitore convivente con il figlio maggiorenne, essendo fondata sulla continuità dei doveri gravanti su uno dei genitori nella persistenza della situazione di convivenza, concorre con la diversa legittimazione del figlio, che trova invece fondamento nella titolarità del diritto al mantenimento, sicché i problemi determinati dalla coesistenza di entrambe le legittimazioni si risolvono sulla base dei principi dettati in tema di solidarietà attiva. Ne deriva che, nel caso in cui ad agire per ottenere dall’altro coniuge il contributo al mantenimento sia il genitore con il quale il figlio medesimo continua a vivere, non si pone una questione di integrazione del contraddittorio nei confronti del figlio diventato maggiorenne, rivelando il mancato esercizio, da parte di quest’ultimo, del diritto di agire autonomamente nei confronti del genitore con cui non vive, l’inesistenza di qualsiasi conflitto con la posizione assunta dal genitore con il quale continua a vivere.
Cassazione civile sez. VI, 20/08/2020, n.17380
Mantenimento del figlio maggiorenne: dal “diritto ad ogni possibile diritto” al principio di autoresponsabilità
L’obbligo di mantenimento legale della prole cessa con la maggiore età del figlio in concomitanza all’acquisto della capacità di agire e della libertà di autodeterminazione; in seguito ad essa, l’obbligo sussiste laddove stabilito dal giudice, ed è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.
Raggiunta la maggiore età, infatti, si presume l’idoneità al reddito, che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore.
Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, n.17183
Sul riconoscimento del mantenimento per il figlio maggiorenne
Tra le evenienze che comportano il sorgere del diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne non autosufficiente, si pongono, fra le altre: a) la condizione di una peculiare minorazione o debolezza delle capacità personali, pur non sfociate nei presupposti di una misura tipica di protezione degli incapaci; b) la prosecuzione di studi ultraliceali con diligenza, da cui si desuma l’esistenza di un iter volto alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed attitudini, che sia ancora legittimamente in corso di svolgimento, in quanto vi si dimostrino effettivo impegno ed adeguati risultati, mediante la tempestività e l’adeguatezza dei voti conseguiti negli esami del corso intrapreso; c) l’essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione degli studi, svolti dal figlio nell’ambito del ciclo di studi che il soggetto abbia reputato a sé idoneo, lasso in cui questi si sia razionalmente ed attivamente adoperato nella ricerca di un lavoro; d) la mancanza di un qualsiasi lavoro, pur dopo l’effettuazione di tutti i possibili tentativi di ricerca dello stesso, sia o no confacente alla propria specifica preparazione professionale. Ai fini dell’accoglimento della domanda, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro. Non è dunque il convenuto – soggetto passivo del rapporto – onerato della prova della raggiunta effettiva e stabile indipendenza economica del figlio, o della circostanza che questi abbia conseguito un lavoro adeguato alle aspirazioni soggettive. le concrete situazioni di vita saranno sovente ragione d’integrazione della prova presuntiva circa l’esistenza del diritto, in quanto, ad esempio, incolpevole del tutto o inesigibile sia la conquista attuale di una posizione lavorativa, che renda il figlio maggiorenne economicamente autosufficiente. Se, pertanto, sussista una condotta caratterizzata da intenzionalità (ad es. uno stile di vita volutamente inconcludente e sregolato) o da colpa (come l’inconcludente ricerca di un lavoro protratta all’infinito e senza presa di coscienza sulle proprie reali competenze), certamente il figlio non avrà dimostrato di avere diritto al mantenimento. Ne deriva che, in generale, la prova sarà tanto più lieve per il figlio, quanto più prossima sia la sua età a quella di un recente maggiorenne; di converso, la prova del diritto all’assegno di mantenimento sarà più gravosa, man mano che l’età del figlio aumenti, sino a configurare il “figlio adulto”, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate ed all’impegno profuso, nella ricerca, prima, di una sufficiente qualificazione professionale e, poi, di una collocazione lavorativa.
Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, n.17183
Mantenimento figli maggiorenni e onere della prova
L’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente. Ai fini dell’accoglimento della domanda, pertanto, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.
Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, n.17183
Il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori
Il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni.
Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, n.17183
Mantenimento per il figlio maggiorenne che abbia raggiunto la capacità lavorativa
L’obbligo del mantenimento dei genitori consiste nel dovere di assicurare ai figli, anche oltre il raggiungimento della maggiore età, e in proporzione alle risorse economiche del soggetto obbligato, la possibilità di completare il percorso formativo prescelto e di acquisire la capacità lavorativa necessaria a rendersi autosufficiente. La prova del raggiungimento di un sufficiente grado di capacità lavorativa è ricavabile anche in via presuntiva dalla formazione acquisita e dalla esistenza di un mercato del lavoro in cui essa sia spendibile. La prova contraria non può che gravare sul figlio maggiorenne che pur avendo completato il proprio percorso formativo o avendo deciso, volontariamente, di interromperlo, non riesca ad ottenere, per fattori estranei alla sua responsabilità, una sufficiente remunerazione della propria capacità lavorativa. Anche in questa ipotesi vanno valutati una serie di fattori quali la distanza temporale dal completamento della formazione, l’età raggiunta, ovvero gli altri fattori e circostanze che incidano comunque sul tenore di vita del figlio maggiorenne e che di fatto lo rendano non più dipendente dal contributo proveniente dai genitori. Inoltre l’ingresso effettivo nel mondo del lavoro con la percezione di una retribuzione sia pure modesta ma che prelude a una successiva spendita dalla capacità lavorativa a rendimenti crescenti segna la fine dell’obbligo di contribuzione da parte del genitore e la successiva l’eventuale perdita dell’occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento.
Tribunale Perugia sez. I, 01/06/2020
Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne, gravante sul genitore (tanto separato quanto divorziato) non convivente sotto forma di obbligo di corresponsione di un assegno ex art. 156 cod. civ., cessa all’atto del conseguimento, da parte figlio, di uno “status” di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato.
Tribunale Modena sez. I, 30/04/2020, n.488
Obbligazione gravante sui genitori al mantenimento del figlio, anche maggiorenne: ambito e limiti
L’obbligazione solidale, gravante su entrambi i genitori, al mantenimento del figlio anche se maggiorenne, sussiste fino a quando questi non abbia raggiunto un’autosufficienza economica, tale da poter provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita (nel caso di specie si trattava di una figlia e la sua qualifica di studentessa universitaria ben faceva intendere che la stessa non fosse ancora economicamente autosufficiente determinando l’obbligo in solido dei genitori di mantenerla fino a quanto la stessa non abbia raggiunto una sua autonomia economica) e tale obbligazione grava su ciascun genitore tenendo conto della situazione economica nonché della capacità patrimoniale e reddituale dei coniugi (nella specie la moglie deve partecipare alle spese per il mantenimento del figlio nella misura del 20% e il padre per il residuo 80% in ragione della maggiore capacità reddituale).
Corte appello Catanzaro sez. I, 12/05/2020, n.437
Divorzio: determinazione del mantenimento dei figli in caso di formazione di nuova famiglia
Nella determinazione dell’assegno di mantenimento per i figli, in sede di divorzio, si deve tener conto della sopravvenienza di figli di secondo letto (nel caso di specie il tribunale, facendo applicazione del suesposto principio, ha riconosciuto, in merito al mantenimento della figlia di primo letto, che il genitore era gravato dall’impegno nei confronti di altro figlio di secondo letto; tuttavia, ha evidenziato che la figlia di primo letto, pur essendo maggiorenne e diplomata, ancora non lavorava, per cui il tribunale ha ritenuto equo confermare quanto stabilito nella sentenza di separazione, quindi confermare l’obbligo a carico del padre di corrispondere alla madre la somma rivalutabile a titolo di mantenimento della figlia di primo letto).
Tribunale Salerno sez. I, 17/02/2020, n.670
Il genitore può chiedere la restituzione di quanto indebitamente pagato per il mantenimento di figlio maggiorenne
Il genitore può chiedere la ripetizione di quanto indebitamente pagato al coniuge per il mantenimento di un figlio maggiorenne divenuto economicamente autosufficiente.
In caso di modifica giudiziale delle condizioni economiche del regime post-coniugale, intervenuta in ragione della raggiunta indipendenza economica dei figli, il genitore obbligato può esercitare l’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c. anche con riferimento alle somme corrisposte in epoca antecedente alla domanda di revisione, allorché la causa giustificativa del pagamento sia già venuta meno, atteso che la detta azione ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa. (Nella specie, le due figlie erano divenute economicamente autosufficienti a seguito del conseguimento della laurea, come previsto dagli accordi economici in sede di divorzio congiunto dei genitori, e pacificamente con i rispettivi matrimoni contratti nel 1994 e 1998, sicché la S.C. ha cassato la sentenza della Corte d’appello che aveva negato la ripetizione delle somme corrisposte per il mantenimento delle figlie prima della modifica delle condizioni a decorrere dal 2006).
Cassazione civile sez. I, 13/02/2020, n.3659
Fonte: www.laleggepertutti.it