di Maria Adelaide Amati Marchionni*
Il legame matrimoniale costituisce uno dei principali presupposti che permette al coniuge di assumere la qualifica di erede in caso di morte del suo congiunto, e così di partecipare alla ripartizione dei suoi beni.
Nei casi di crisi matrimoniale, la posizione del coniuge (o dell’ex coniuge) nei confronti dell’eredità del defunto cambia – con conseguenze differenti- a seconda che nella coppia sia subentrata la separazione o il divorzio.
Analizziamo separatamente i due casi.
Il coniuge separato mantiene gli stessi diritti di quello non separato e resta uguale la quota di eredità che gli spetta per legge. Inoltre, nel caso sia stato predisposto un testamento che lo escluda totalmente dall’eredità (nominando erede qualcun altro, magari anche un nuovo compagno) o che gli lasci una parte del patrimonio inferiore a quel minimo garantito per legge, costui conserva comunque il diritto ad ottenere tale quota, anche contro la volontà del coniuge defunto.
Questa regola subisce però un’importante eccezione quando la separazione personale non sia stata pronunciata con il pieno accordo dei coniugi, ma sia stata provocata da fatti e colpe imputabili solamente ad uno dei due. In questi casi, che devono comunque essere accertati dall’autorità giudiziaria, alla moglie o al marito superstiti non viene riconosciuto alcun diritto a partecipare all’eredità; gli stessi possono soltanto aspirare a ricevere una somma di denaro in forma di assegno vitalizio a carico degli eredi. Sarà proprio il giudice a determinarne l’esatto importo, tra l’altro solo se a questi già spettasse il diritto agli alimenti a carico del coniuge poi defunto.
Veniamo ora all’ipotesi di chi è divorziato. Con il divorzio il vincolo matrimoniale si scioglie definitivamente e, di conseguenza, il soggetto perde il precedente status di “coniuge”. Proprio per questa ragione la legge non gli riconosce più alcun diritto per effetto della morte dell’ormai ex coniuge.
Anche in questo caso quanto appena scritto necessita di un’importante precisazione. In base alla legge sul divorzio del 1970, infatti, il divorziato che si trovi in stato di bisogno (che sia privo cioè di mezzi economici sufficienti al proprio mantenimento) può ricevere un assegno a carattere periodico a carico dell’eredità; questa forma di tutela, seppur minima ma non trascurabile, spetta solo a chi già godesse del diritto agli alimenti.
Data la delicatezza della questione, l’esatta quantificazione della somma da riscuotere spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria.
Infine, il diritto a tale assegno di natura assistenziale, in quanto collegato ad una reale ed accertata situazione di difficoltà economica, non può che venire a cadere quando l’ex coniuge si risposi successivamente. Con le nuove nozze, infatti, si presume che costui, venendo a formare un nuovo nucleo familiare, esca finalmente dalla situazione di bisogno in cui si trovava quando era solo.
*Notaio di Sala Bolognese
Fonte: m.affaritaliani.it