di ALESSANDRO SIMEONE*
La corresponsione dell’assegno divorzile può avvenire in un’unica soluzione. Ma serve l’accordo fra le parti
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Col divorzio il coniuge economicamente più debole che non è in grado, per ragioni oggettive, di procurarsi i mezzi per mantenere il pregresso tenore di vita matrimoniale, ha diritto a un assegno mensile che, con l’accordo dell’altro coniuge, può essere sostituito dall“una tantum”: una somma di denaro forfetaria oppure anche la proprietà di un bene immobile (case, box, terreni) o mobile (auto, titoli, investimenti).
Gli effetti dell’una tantum.
Se l’assegno divorzile può essere rivisto (aumento, diminuizione, eliminazione) in qualsiasi momento, l’una tantum ha effetto tombale; chi la riceve non potrà svolgere più alcuna domanda di contenuto economico (alimenti oppure quota del TFR), né agire contro gli eredi dell’obbligato (assegno a carico dell’eredità, quota della pensione di reversibilità, anche se quest’ultima questione è controversa); chi la versa non potrà mai chiederne la riduzione o la restituzione.
Quando si può chiedere.
L’una tantum può essere chiesta solo col divorzio e solo con il benestare del Tribunale. Se pattuita con la separazione oppure col divorzio fatto tramite negoziazione assistita, non produce alcun effetto tombale e chi la ottiene conserva sempre il diritto successivo a chiedere un assegno. L’una tantum non può invece essere chiesta con la separazione o il divorzio amministrativo, fatto davanti all’Ufficiale di Stato civile.
La tassazione
A differenza dell’assegno periodico, l’una tantum non è tassata per chi la riceve e non è deducibile da chi la versa.
Perchè chiederla
Perchè è vantaggiosa per entrambi i coniugi: a) chi la riceve cancella l’incertezza dei mancati o ritardati pagamenti e non sarà esposto ai rischi di collassi economici dell’altro; b) chi la versa configura definitivamente l’assetto economico della precedente unione, senza che vi possano essere strascichi negativi sul suo futuro e su quello dei figli e/o del nuovo coniuge o partner. L’una tantum, in buona sostanza chiude definitivamente il capitolo dei rapporti tra gli ex coniugi, che dovranno eventualmente rapportarsi tra di loro solo in presenza di figli.
Come calcolarla
Non esistono regole di calcolo stabilite dalla legge (che prevede solo che debba essere “equa”) o dai Giudici; è dunque una materia lasciata alla libera contrattazione delle parti. Un buon metodo consiste nella capitalizzazione dell’assegno al netto delle imposte: l’una tantum teorica deve essere una somma tale che, se investita, si consumerà al raggiungimento dell’età di aspettativa media di vita (85 anni per le donne, 80,2 per gli uomini). Questo importo potrà essere aumentato o diminuito tenendo conto di una serie di fattori, tra i quali: a) l’età di chi versa l’assegno; b) la probabilità (connessa all’età) che chi la riceve contragga nuove nozze o conviva; c)evoluzione delle carriere lavorative di entrambi i coniugi (con esclusione di fattori straordinari); d) importo del trattamento di fine rapporto maturato al momento del divorzio; e) ogni altro fattore che potrebbe influenzare l’ammontare dell’assegno, se le parti non scegliessero la formula della liquidazione.
*(avvocato specializzato in diritto di famiglia)
Fonte: m.repubblica.it