di Michela Becciu
Alcune sentenze della Cassazione dimostrano che i termini di separazione, in caso di divorzio tra due coniugi, non prevedono sempre e comunque l’assegnazione della casa coniugale alla moglie
Dagli ultimi dati Istat è emerso che in caso di separazione legale e conseguente divorzio tra due coniugi, non sempre la casa coniugale viene assegnata alla moglie, come invece si suole pensare. Esistono infatti una serie di casi dinnanzi ai quali i giudici possono decidere di non farlo, e certamente l’esistenza o meno di figli minori a carico è di rilevanza fondamentale.
Stando al rapporto Istat separazioni e divorzi si concludono, il 57,6% delle volte, con l’assegnazione della casa alla moglie – anche se di proprietà del marito – soprattutto per tutelare i figli che vivono insieme a lei. Questo è il caso-tipo, poi subentrano una serie di fattori che possono indurre il giudice a scegliere altre vie. Ad esempio, quando i figli crescono e viene comprovato che possono essere perfettamente in grado di badare a se stessi, acquisendo un’autonomia economica, allora il diritto all’alloggio della madre ed ex moglie non è più dato per scontato.
La casistica è varia, come dimostrano alcune sentenze delle Cassazione: vi è quella 21334/2013, ad esempio, che ha respinto il ricorso di una madre contro la decisione dei giudici che non le riconobbero il diritto di vivere sotto il tetto coniugale, in quanto sua figlia convivente risultava aver prestato servizio presso uno studio commerciale dimostrando, quindi, di essere “potenzialmente indipendente”. O ancora, la sentenza 28001/2013che negò l’abitazione coniugale ad una donna la cui figlia era diventata autonoma economicamente. In questo caso, però, la moglie può ottenere un aumento dell’assegno di mantenimento da parte dell’ex marito, giustificabile con la sua necessità di doversi trovare un altro alloggio e pagarne l’affitto.
Fonte: urbanpost.it