di Carola Parisi
Potreste mai pensare che il Vaticano sia arrivato prima del Parlamento in materia di “diritti civili”? Credeteci perché è così. Meno di un mese fa, infatti, la Santa Sede ha annunciato che è pronta una legge che prevede di dimezzare i tempi (ora di due anni) per chi volesse annullare alla Sacra Rota il proprio matrimonio religioso. Il Vaticano batte lo Stato italiano, 1 a 0. Il colmo dei colmi!
C’è da chiarire, però, che non si tratta di un “divorzio religioso”(si oppone al divorzio e poi velocizza il “divorzio cattolico”? Sarebbe una contraddizione). Si parla di “riconoscimento di nullità del matrimonio religioso” da parte della Chiesa cattolica e non si tratta, dunque, di una “via cattolica al divorzio” come spesso viene confuso. Essendo il matrimonio religioso un sacramento, nessuna autorità umana può sciogliere tale unione. Può invece verificarsi, in seguito, la sussistenza di una causa di nullità, tale da viziare la validità del matrimonio stesso. In questo caso, la Sacra Rota, verifica semplicemente che il matrimonio non è mai stato valido (cioè non è mai stato celebrato davvero) in quanto la libertà di uno dei due coniugi al momento del “si” non era piena e consapevole. Non esiste alcun divorzio perché in questi casi non c’è mai stato matrimonio.
Chiarito questo, anche la Santa Sede si è trovata a fare i conti con il numero sempre crescente di pratiche per chiedere la nullità dei matrimoni. Una vera e propria valanga di cause. Sarebbero migliaia, infatti, le pratiche presentate da coppie ormai non più tali. E se fino a qualche anno fa Sacra Rota era sinonimo di ricchezza, ora l’accesso al Tribunale della Santa Sede è alla portata di tutti: si va dai 1.500 ai 3.000 euro. Il meccanismo si divide in due fasi. Nel primo step il Tribunale ecclesiastico – in Italia esistono 18 tribunali regionali – accerta la sussistenza di una causa di nullità. È questo il primo grado di giudizio del processo che, in media, dura un anno. Si passa poi a una seconda sentenza (che dura circa altri 12 mesi) che deve essere conforme alla prima, altrimenti si ricorre alla Sacra Rota, ultimo grado di giudizio.
Le cause di nullità delle nozze restano quelle previste dal codice di diritto canonico, tra le quali, le più significative sono: l’impotenza, la incapacità per insufficiente uso della ragione, la incapacità di natura psichica, l’inganno. Tuttavia negli anni recenti sono state aggiunte altre casistiche, come il narcisismo, la propensione alla poligamia, l’abuso di alcol e la persistente tendenza a dire bugie. E recentemente, il tribunale ecclesiastico di Genova ha indicato anche il “mammismo” come motivo per rendere nulle le nozze. Mammoni un po’ troppo cresciuti, siete avvisati!
E all’estero? Vediamo cosa accade nel resto del mondo tenendo presente la situazione della legge civile italiana. Inutile dire, infatti, che anche sul divorzio siamo, più o meno, l’ultima ruota del carro. Mentre negli Stati Uniti, in Inghilterra o in Francia, il divorzio esisteva già da secoli, da noi negli anni Cinquanta il socialista Renato Sansone si inventò il “piccolo divorzio”, un disegno di legge che limitava la possibilità di divorzio a casi particolarmente drammatici: se uno dei coniugi fosse un serial killer, o un malato di mente, o semplicemente stesse in carcere da decenni per tentato omicidio o dopo una separazione per più di quindici anni. Bisognerà aspettare il 1970 con la legge Fortuna-Baslini e il referendum del 1974, per poter divorziare in Italia come nel resto del mondo.
C’è poi il capitolo separazione. Non solo nel nostro Paese esiste il “limbo” della separazione che dura, per legge, tre anni. Lo stesso accade in Irlanda del Nord, Malta e qualche Stato dell’America Latina. Prima ci si separa e successivamente si divorzia. I tempi della giustizia, quindi, già lunghi di per sé, vengono raddoppiati. In alcuni Paesi, come Finlandia, Svezia o Austria, la separazione non esiste. In altri, come Spagna, Germania e Francia, esiste solo la “separazione di fatto” per un certo periodo di tempo prima di chiedere il divorzio vero e proprio. Ma non si tratta di due giudizi distinti, che in Italia allungano invece i tempi fino addirittura ai 12 anni. Basta andare oltre confine per trovare legislazioni e tempi più snelli. In Svezia la richiesta di divorzio viene accettata automaticamente se a presentarla sono entrambi i coniugi. Si aspettano sei mesi, invece, se uno tra marito e moglie, si oppone. In Francia bisogna attendere al massimo due anni. Stessa cosa per Inghilterra e Olanda.
fonte: www.lultimaribattuta.it