Approda oggi in Commissione giustizia alla Camera una proposta bipartisan che punta a ridurre a un anno i tempi della separazione dai tre attuali, propedeutici all’ottenimento del divorzio. I firmatari del ddl, che a maggio potrebbe arrivare all’esame di Montecitorio, parlano di una legge al passo coi tempi finalizzata a sciogliere le conflittualità tra i coniugi e a decongestionare il sistema giustizia. Contro il divorzio breve si era espresso nei giorni scorsi il presidente dei vescovi italiani, il card. Angelo Bagnasco. Al microfono di Paolo Ondarza l’opinione di don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Nazionale Cei per la Famiglia.
R. – Certamente. questa non è una società a misura di famiglia, o che sostiene la famiglia, e certe forme legali di questo tipo andrebbero ancora di più a minare l’istituto del matrimonio, cioè a rendere più difficile la sfida del “per sempre”, che continua però ad affascinare tanti giovani, tanti conviventi, tanti che vivono la forma delle unioni di fatto e che però chiedono molto spesso alla Chiesa di offrire l’orizzonte del “per sempre”. Per cui, una Chiesa attenta all’uomo, alle periferie esistenziali, è una Chiesa che accoglie la custodia della famiglia e certamente non può essere sulla stessa linea di queste leggi, che invece vanno ancora di più a indebolire ciò che è la ricchezza e la bellezza dell’unione sponsale.
D. – I parlamentari che sostengono questo disegno di legge ne parlano come di un provvedimento al passo con i tempi e dicono che l’obiettivo è quello di sciogliere la conflittualità tra i coniugi che intendono separarsi, spesso provocata dalla lunghezza dei processi, e inoltre decongestionare il sistema della giustizia…
R. – La questione vera è che una coppia che va in crisi molto spesso si trova in un grande isolamento, e molte crisi sarebbero sanabili se ci fosse anche un vero approccio sinfonico, cioè di più competenze che si mettono insieme. Penso ai consultori – sia quelli laici che quelli di ispirazione cristiana – ma anche alle comunità ecclesiali e alle istituzioni. Quanto si fa per difendere la famiglia, quanto investimento abbiamo fatto in Italia per questo? Quanto siamo diventati un po’ il fanalino di coda in Europa, dinanzi a nazioni che anche più laiche della nostra hanno invece un sostegno forte alla natalità, nell’aiuto concreto alle famiglie. La famiglia fa una gran fatica a stare insieme. Certo, in questo modo forse si rende più facile la separazione, ma certamente non si rende più facile la vita sociale, di cui la famiglia è la cellula fondamentale.
D. – Recentemente, il cardinale Bagnasco ha detto che i tempi più lunghi tra la separazione e il divorzio non sono una forma di coercizione della libertà degli individui, ma sono da parte della società e dello Stato una possibilità perché le persone coinvolte possano far decantare le emotività. Quindi, affrontare una decisione grave richiede tempi più lunghi…
R. – Assolutamente, perché richiede che a influire non siano più soltanto i tempi delle emozioni, che a volte nascono, passano, ma i tempi di un ripensamento, di una riflessione profonda, del non agire sulla rabbia immediata. Noi abbiamo visto tante famiglie rinascere, anche dopo tempi lunghi di separazione, a volte dopo sei-sette anni di separazione. E’ un po’ come tagliare e recidere quel legame e non aprirsi alla speranza. E Papa Francesco ci dice “non lasciatevi rubare la speranza”, la speranza che quel matrimonio possa risorgere con tutti i dovuti apporti, con tutti i dovuti sostegni di cui tutti noi siamo corresponsabili. Quindi la questione non è dire “no” al divorzio, la questione è dire veramente un vero “sì” alla vita sponsale.
D. – Qual è il suo auspicio?
R. – Ci auguriamo che i nostri parlamentari, le Commissioni di giustizia, sia della Camera che del Senato – non so quanto rimarrà – siano molto più favorevoli a leggi a favore della famiglia che contro la famiglia.
Fonte: it.radiovaticana.va