Procedure semplificate. Con la mediazione dell’avvocato o direttamente dal sindaco. Ma servono comunque tre anni dalla seperazione.
Lo chiamano ‘divorzio breve’, ma forse sarebbe meglio definirlo ‘divorzio semplice’.
Il decreto legge 132/2014, il cui via libera definitivo alla Camera è atteso per il 6 novembre, non incide infatti sui tempi per ottenere la rottura del matrimonio, ma agevola il percorso e libera i tribunali di qualche faldone.
AMPIA FIDUCIA AL DECRETO. La possibilità di ottenere lo scioglimento del vincolo coniugale ricorrendo all’avvocato, o semplicemente recandosi dal sindaco, e le nuove regole per chi ha figli minori o portatori di handicap sono tutti elementi del decreto che ha incassato un’ampia fiducia il 4 novembre.
1. Dall’avvocato per la negoziazione assistita
Uno dei nuovi modi per ottenere il divorzio in modo consensuale è la «negoziazione assistita da un avvocato». Non è quindi più necessario passare da un giudice che verifichi l’irreversibilità della crisi coniugale prima di decretare lo scioglimento del legame, ma basta la mediazione di un legale. Il professionista è tenuto a redigere un documento sull’accordo raggiunto dai coniugi, farlo firmare dalle parti e autenticarlo.
TRASMISSIONE ENTRO 10 GIORNI. Il patto, con tutte le certificazioni necessarie, deve essere trasmesso entro 10 giorni all’ufficiale di stato civile del Comune in cui il matrimonio è stato iscritto o trascritto. In caso di ritardo è prevista una sanzione da 5 mila a 50 mila euro.
Le stesse regole valgono anche per chi intenda ottenere la separazione o la revisione delle condizioni di separazione o divorzio già fissate dal giudice.
2. In Comune con 30 giorni per ripensarci
Per arrivare alla rottura del matrimonio non è indispensabile l’avvocato. La coppia può procedere direttamente presso l’ufficiale di stato civile del Comune (il sindaco o chi da lui delegato) e formalizzare l’accordo.
Questi lascia alla coppia 30 giorni di tempo per riflettere sulla loro decisione. Se i due non si presentano dopo un mese, l’accordo salta.
MA NON DEVONO ESSERCI FIGLI MINORENNI. Condizione fondamentale per poter ricorrere direttamente al Comune è che l’intesa non contenga patti di trasferimento patrimoniale e non ci siano figli minorenni, maggiorenni non autonomi o con grave handicap.
3. Dal giudice (o dal procuratore) per chi ha figli minori o non autosufficienti
Con l’intenzione di tutelare i figli, il legislatore ha escluso il ricorso alla negoziazione assistita in presenza di figli minori, maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti e portatori di handicap grave. In questi casi rimane necessario il passaggio dal giudice.
Il provvedimento prevede comunque una semplificazione della legge attuale anche per le coppie appartenenti alle categoria sopracitate.
IL TRIBUNALE SI PUÒ COMUNQUE EVITARE. L’articolo 6 del decreto legge, infatti, stabilisce che in caso di rottura consensuale, i coniugi possono decidere le condizioni con l’assistenza degli avvocati, lasciando poi ai legali l’incombenza di trasferire gli atti entro 10 giorni al procuratore della Repubblica. A quest’ultimo spetta la constatazione dei presupposti per il divorzio, la conformità dell’accordo raggiunto all’interesse dei figli e l’ok finale. Se il procuratore dovesse trovare il patto non congruo, si torna invece al procedimento tradizionale, con tanto di giudice e convocazione in tribunale dei due coniugi.
4. Per ottenere il divorzio servono sempre tre anni
Come già detto, il decreto legge non incide sui tempi della procedura.
Il testo che prevedeva una riduzione a sei mesi in caso di separazione consensuale e 12 in caso di separazione non consensuale è infatti stato modificato.
TEMPI INVARIATI. Rimane dunque il periodo di tre anni tra la separazione e l’ottenimento del divorzio.
5. Per chi non ne può più c’è la scorciatoia spagnola
Anche con le nuove modifiche resta un abisso tra le leggi italiane e quelle del resto d’Europa. In Germania, come in Italia, servono tre anni tra separazione e divorzio in assenza di consenso, ma l’attesa si riduce a 12 mesi quando le due parti sono d’accordo. In Gran Bretagna si va dai due ai cinque anni, ma se vengono accertati comportamenti da parte di uno dei coniugi tali da rendere insostenibile la prosecuzione del rapporto, il giudice può sancire la rottura immediata.
In Francia, in presenza di consenso, non è necessario alcun periodo di separazione, mentre bastano due anni in caso di assenza di accordo.
A MADRID E DINTORNI BASTA AVERE UN UFFICIO. Particolarmente interessante il caso della Spagna, e non solo per la rapidità con cui si arriva al divorzio. Il giudice impiega da uno a tre mesi per emettere la sentenza, e l’unico requisito richiesto è che il matrimonio sia stato celebrato almeno tre mesi prima della richiesta. Inoltre, la legge permette il ricorso alla normativa non solo per i cittadini spagnoli, ma anche nel caso in cui entrambi siano stranieri ma almeno uno dei due abbia un forte collegamento col territorio. Forte collegamento che non significa cittadinanza, origini, residenza unica e continuativa: basta che uno dei due abbia scelto la Spagna come Paese in cui tenere un centro importante delle sue attività. Una bella scorciatoia per chi non ne può più della vita coniugale.
Fonte: www.lettera43.it