di Andrea Gragnani
Le nuove norme che, negli ultimi tempi, hanno investito separazioni e divorzi rischiano di creare ingorghi nelle procedure. La prima, introdotta lo scorso settembre, è stata la negoziazione assistita, che ha comportato la possibilità di redigere accordi di separazione o divorzio in forma privata, con l’ausilio di avvocati o davanti all’ufficiale di stato civile, senza dover passare da un giudice. Il legislatore (di stampo statalista), per la verità, prevede comunque il vaglio del pm, quindi comunque di un magistrato, che deve fare un controllo di legittimità in caso di coniugi senza figli e rilasciare un vero e proprio nulla osta se ci sono figli.
Ora il Parlamento sta varando la norma sul cosiddetto divorzio breve (approvata al Senato e in discussione alla Camera), che altro non è che il divorzio come si è sempre fatto, ma con tempi abbreviati: continua a essere necessario, infatti, passare prima attraverso la separazione, che deve essere stata omologata, se consensuale, e pronunciata con sentenza passata in giudicato, se giudiziale.
La mini-riforma riduce il termine cosidetto di “ripensamento” (l’attesa tra la prima udienza della separazione e il giorno in cui poteva essere richiesto il divorzio era di 5 anni nel 1970 e di 3 dal 1987) a sei mesi se la separazione è stata consensuale, e a un anno, se giudiziale. Lo scopo è quello di semplificare, ma in realtà le vicende si complicheranno. La vera novità, infatti, sarebbe stata il divorzio diretto, senza il passaggio della separazione. Inoltre, così come ora accorciato, il termine di “ripensamento” si tradurrà in un termine di sicuro ingorgo. Vediamo come.
Nel divorzio breve la decorrenza del termine viene anticipata al deposito del ricorso per le consensuali e alla notifica del ricorso per le giudiziali: avremo procedimenti di separazione in cui, conclusasi la consensuale, si potrà immediatamente chiedere il divorzio, il che apparirà un passaggio ancor più inutilmente stressante e costoso per i cittadini. E ciò vale anche per la negoziazione assistita, che per quanto più veloce rispetto a un procedimento in tribunale(anche quando sia consensuale), comporta necessariamente che il divorzio si faccia con un nuovo accordo e con tutti i conseguenti adempimenti quali passaggio al Pm per il nulla osta, invio all’ufficiale di stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e così via.
Ben più complicata, poi, sarà la situazione in caso di separazione giudiziale, perché il termine di un anno è largamente inferiore rispetto alla durata minima fisiologica di un giudizio di separazione, anche quando il giudice sia velocissimo. Potranno quindi usufruire del termine breve unicamente coloro che, nel corso del giudizio, avranno ottenuto una sentenza parziale che pronunci la separazione ma che non decida in merito alle questioni accessorie (affidamento dei figli, regime di visita, assegnazione della casa, mantenimento di coniuge e figli). Avremo quindi dei procedimenti nel corso dei quali sarà pronunciata la sentenza parziale di separazione e che dovranno proseguire per il resto, nei quali si innesterà la domanda di divorzio, il che, più che una semplificazione appare come una ulteriore complicanza di un procedimento già faticoso.
Il legislatore, resosi conto di ciò, ha previsto che il procedimento di divorzio andrà assegnato al giudice della separazione che avrà ancora in corso il giudizio per le questioni accessorie. Ancora più lavoro per gli avvocati, quindi, e conseguente contenzioso aperto per gli utenti, i quali andranno a sentenza sulla separazione, continueranno il giudizio per il resto, andranno poi a sentenza per il divorzio e infine, a giudizio di separazione concluso, rischieranno di vedere riaperte le questioni accessorie in sede di divorzio, perché attualmente legge e giurisprudenza permettono di rimettere in discussione tutto con il divorzio.
Quarantacinque anni fa il nostro Paese, con tanto di referendum approvato a larga maggioranza dagli italiani, ha scelto di essere un paese divorzista. Sarebbe il caso di essere coerenti con un indirizzo che appare ormai irreversibile e abolire il doppio giudizio tra separazione e divorzio, che tanta sofferenza crea per i cittadini, in termini di costi e contenziosi che non finiscono mai. La speranza, quindi, è che questa riforma priva di logica si trasformi nel grimaldello che consentirà anche all’Italia di passare a un divorzio immediatamente accessibile.
Fonte: mobile.ilsole24ore.com