Si fanno sempre più insistenti le voci secondo cui il Governo starebbe pensando a un nuovo condono fiscale, a distanza di quasi 14 anni dall’ultimo. La sanatoria sarebbe una manna dal cielo tanto per i contribuenti (stretti dalla crisi economica da un lato e dalla morsa fiscale dall’altro), quanto per lo Stato. In particolare, le casse erariali, già messe a dura prova dai nuovi limiti di pignoramento imposti dal decreto del Fare (vedi, su tutti, il divieto di pignoramento della prima casa e i nuovi tetti massimi per le ipoteche e le esecuzioni forzate), dovranno ora superare la prova del fuoco della recente sentenza della Corte Costituzionale che rischia di invalidare milioni di cartelle di pagamento.
In verità, già le briglie esattoriali erano apparse allentate in quattro differenti e recenti occasioni: la “sanatoria” delle cartelle di Equitalia fino a 300 euro, disposta dall’ultima legge di stabilità (2014), il nuovo ravvedimento operoso (2015), la riapertura dei termini delle dilazioni di pagamento per chi è decaduto dal precedente piano di rateazione (2015) e, infine, la sanatoria per i grossi evasori fiscali che, negli anni passati, hanno portato i capitali all’estero (la meglio nota “voluntary disclosure”).
Ciò nonostante, secondo molti l’unico modo per raschiare il residuo non riscosso è quello di un condono fiscale a percentuale, che consenta ai contribuenti, con un pagamento di una minima parte del debito, di chiudere definitivamente la partita con il fisco. Si tratterebbe, quindi, di estendere la logica della voluntary discosure anche alle evasioni commesse all’interno del territorio nazionale: evasori pentiti che si presentano all’Agenzia delle Entrate, confessano di aver evaso l’imposta per “tot” euro e pagano spontaneamente, in cambio di un forte sconto e della cancellazione delle eventuali conseguenze penali.
“Libero”, qualche mese fa, anticipava la notizia parlando di un probabile 30% quale quota per estinguere i propri debiti con Equitaliao, prima ancora dell’iscrizione a ruolo dei tributi, con l’Agenzia delle Entrate: molto più del 5% previsti dallo scudo fiscale di Tremonti, ma sicuramente meno rispetto a quanto si sarebbe costretti a pagare anche nella migliore delle ipotesi (accordo col fisco). E per chi non ha la possibilità di pagare neanche queste somme non resta che la carta del contenzioso: secondo i dati pubblicati dal “Sole24Ore”, le liti col fisco sarebbero in aumento. Liti che, comunque, in non pochi casi, sono solo un espediente per allungare i tempi, ma, a conti fatti, rivelano l’ulteriore affare per lo Stato che, in questo modo, ha la possibilità di riscuotere ulteriori e differenti imposte (vedi marche da bollo, contributi unificati, IVA sulle parcelle dei professionisti, ecc.).
L’Italia, si sa, è da sempre il paese dei condoni, che si susseguono ciclicamente, come un orologio svizzero. Dall’edilizia al fisco per finire all’immigrazione: non c’è lustro che non abbia avuto la sua bella sanatoria. Dal 1973 se ne contano almeno una decina. Ogni governo può vantare il proprio contributo, senza differenza di colore o partito. E così, a conti fatti, i tempi dovrebbero essere pronti per nuovo provvedimento “ammazza-debiti”. Una boccata di ossigeno per le casse dello Stato che Matteo Renzi potrebbe disporre, probabilmente, previo “via libera” dell’Unione Europea.
Inoltre, questa potrebbe essere l’occasione per evitare la marea di ricorsi che, a breve, potrebbero essere presentati dai contribuenti a seguito della dichiarazione di incostituzionalità delle nomine di ben 1200 dirigenti del fisco senza che avessero passato alcun concorso: uno scandalo che si sta facendo sempre più imbarazzante per il Governo e dal quale bisognerà trovare, al più presto, una via d’uscita. Le “rassicurazioni” del Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoa, secondo cui le cartelle resterebbero valide, non convincono più di tanto. E non convince neanche il richiamo a una giurisprudenza – a nostro parere richiamata a sproposito – secondo cui gli atti firmati dai falsi dirigenti, senza i poteri, manterrebbero la propria efficacia (leggi l’approfondimento “Dirigenti senza concorso: le sentenze TAR e Consiglio Stato non rilevano”).
E allora, l’unico modo per “tappare il buco” potrebbe essere proprio quello di spingere i contribuenti a evitare il contenzioso rendendo più appetibile la soluzione concordata con il fisco, quella della “pace fiscale”. Certo, la parola “Condono” o “Sanatoria” non uscirà mai dal Palazzo. E questo perché sarebbe un facile appiglio per le opposizioni, che cavalcherebbero l’onda del malcontento di quanti pagano le tasse (o meglio, subiscono la trattenuta sullo stipendio) e non vedono di buon occhio le facili scappatoie per gli altri.
Che l’aspetto “terminologico” della questione abbia un suo peso rilevante lo conferma il fatto che il decreto sul rientro dei capitali è stato battezzato con un termine inglese da pochi conosciuto: voluntary disclosure significa “collaborazione volontaria”, un buon sistema per nascondere una mini-sanatoria.
Che, insomma, la si voglia chiamare “Salva Berlusconi” (come, secondo alcuni, sarebbe il condono sui reati fiscali), condono o sanatoria, a conti fatti l’ipotesi di un’ulteriore mano tesa nei confronti dei contribuenti potrebbe provenire anche da quest’ultimo Governo.
Fonte: www.laleggepertutti.it