di Antonio Iorio
È costituzionalmente illegittima la norma sulle indagini finanziarie che prevede una presunzione legale a favore del Fisco di maggiori compensi nei confronti del professionista che non sia in grado di fornire indicazioni su prelevamenti. A stabilirlo è stata la sentenza 228/2014 della Corte costituzionale depositata ieri.
La questione
La Finanziaria 2005 (legge 311/2004) ha modificato la normativa sulle indagini finanziarie. Tra l’altro, sono state estese anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo le presunzioni sui prelevamenti in caso di mancata indicazione del beneficiario. In sostanza se il professionista non fosse stato in grado di fornire tali indicazioni sugli importi riscossi, l’amministrazione li riteneva automaticamente maggiori compensi, in analogia a quanto avvenuto fino ad allora con i titolari di reddito di impresa. Ne sono conseguiti numerosi controlli bancari (si veda l’altro articolo in pagina) verso i professionisti i quali si sono trovati molte volte nell’impossibilità di documentare, come preteso dai verificatori, i prelevamenti spesso eseguiti per finalità personali e familiari.
Il rinvio
L’ordinanza 27/29/2013 della Ctr Lazio aveva rimesso alla Consulta la questione dubitando, in estrema sintesi, della legittimità della norma, in quanto estendeva irragionevolmente ai redditi da lavoro autonomo la presunzione «costi-ricavi» propria del reddito di impresa. In pratica, mentre la presunzione di maggiori ricavi, poteva trovare giustificazione per i redditi di impresa, in quanto i prelevamenti non giustificati potevano essere sintomatici di acquisti di beni in nero (successivamente rivenduti pure in nero), per i professionisti era del tutto fuori luogo dato che, all’eventuale acquisto di un bene non fatturato, non conseguiva una prestazione in evasione di imposta, mancando una correlazione tra costi e compensi.
La decisione
La Consulta ha condiviso la tesi dei giudici laziali e ha ritenuto incostituzionale la norma (articolo 32 comma 1, numero 2, secondo periodo, del Dpr 600/1973), nella parte in cui estende la presunzione, ai maggiori compensi. Secondo la Corte, anche se le figure dell’imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest’ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l’omogeneità di trattamento prevista dall’articolo 32, in base al quale il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe a un costo a sua volta produttivo di un ricavo. L’attività degli autonomi si caratterizza per la preminenza dell’apporto del lavoro proprio e per la marginalità dell’apparato organizzativo. Inoltre in caso di contabilità semplificata – di cui generalmente si avvale la categoria – c’è una fisiologica promiscuità di entrate e spese professionali e personali.
Fonte: www.ilsole24ore.com