Divorzio e annullamento alla Sacra Rota: importanti differenze di carattere patrimoniale
E’ di grande attualità la notizia dell’aumento esponenziale delle richieste di annullamento dinanzi alla Sacra Rota dei matrimoni concordatari. La ragione di tale aumento non va solo ricercata nel desiderio di poter nuovamente celebrare delle nozze religiose nuove di zecca indossando un bellissimo abito bianco, ma nelle molto più prosaiche conseguenze di carattere patrimoniale che discendono dall’annullamento della Sacra Rota rispetto ad una normale sentenza di divorzio pronunziata dal Tribunale Civile Italiano.
Vediamo le differenze: una volta ottenuta la pronuncia del Tribunale ecclesiastico, si ottiene l’annullamento del matrimonio. Quel matrimonio si considera come mai esistito. Al fine di conseguirne gli effetti derivanti dall’annotazione della sentenza presso i registri dello stato civile, occorre tuttavia chiedere alla Corte d’appello competente la declaratoria di validità mediante un procedimento detto “giudizio di delibazione”. La sentenza di divorzio, invece, emessa dall’autorità civile Italiana comporta il venir meno di tutti i diritti e doveri reciproci dei coniugi, ad eccezione dell’obbligo di pagamento di un assegno divorzile (laddove sussistano i presupposti) che il coniuge più forte economicamente si obbliga a corrispondere in favore dell’altro.
In sostanza, la differenza significativa tra divorzio e matrimonio, ossia tra famiglia mai esistita e famiglia che ha cessato di esistere, è significativa, anzi fondamentale. Dal punto di vista patrimoniale, infatti, con la sentenza di nullità i coniugi non hanno più alcun tipo di legame economico, il che elimina i diritti-doveri di mantenimento del coniuge e le aspettative successorie. Col divorzio, invece, che corrisponde allo scioglimento di un matrimonio già valido, rimane l’aggancio al vincolo matrimoniale attraverso le statuizioni economiche post matrimoniali.
In sostanza se il matrimonio viene annullato dal Tribunale ecclesiastico la sentenza ha lo stesso effetto di quella pronunciata dall’autorità giudiziaria civile solo se viene resa esecutiva nello Stato italiano attraverso l’apposito procedimento di delibazione avanti alla Corte d’Appello con l’unica differenza però che in un caso, quella della separazione e del divorzio, rimangono in piedi i doveri di mantenimento da parte del coniuge economicamente più forte, nell’altro, invece, la sentenza spazza via il vincolo matrimoniale che è come se non fosse mai stato contratto e dunque, in conclusione, nessun assegno divorzile a carico per il coniuge economicamente più forte, anche se ve ne fossero i presupposti.
Avv. Federico Vaccaro