di Roberta Romeo
Seppur accompagnata da non poche perplessità e polemiche, la legge n.55/2015 è entrata in vigore qualche mese fa, introducendo delle novità piuttosto importanti per quanto concerne gli istituti della separazione e del divorzio.
Attualmente, infatti, non devono più intercorrere tre anni (che prima ancora erano ben cinque) tra l’omologa della separazione personale dei coniugi e lo scioglimento del matrimonio o la cessazione dei suoi effetti civili, ma soltanto sei mesi in caso si fosse a suo tempo addivenuti ad una separazione consensuale, e un anno qualora invece si fosse trattato di una giudiziale. Questi i nuovi termini abbreviati, indipendentemente dalla presenza o meno di prole, decorsi i quali vi è la possibilità per i coniugi di divorziare seguendo la normale prassi in Tribunale, oppure optando per gli strumenti previsti dal d.l. n° 132/2014, noto come “decreto giustizia”, e di seguito illustrati.
La negoziazione assistita consta nel raggiungimento di un accordo mediante l’ausilio di due avvocati, è utilizzabile tanto per la separazione, quanto per il divorzio e, diversamente da come era stato all’inizio ipotizzato, anche se nel nucleo familiare vi sono figli minorenni, maggiorenni non economicamente autosufficienti, o disabili. Saranno poi i legali stessi a trasmettere quanto formalizzato sia alla Procura della Repubblica, sia ai comuni interessati – ovvero quelli di residenza dei coniugi e quello in cui erano state celebrate le nozze – evitando l’udienza in Tribunale.
La seconda alternativa è la presentazione dei coniugi dinnanzi all’ufficiale di stato civile senza il supporto di professionisti, ma in assoluta autonomia. Si tratta di una procedura piuttosto semplice, della quale tuttavia si può usufruire solamente se gli eventuali figli sono maggiorenni, in grado di mantenersi, e normodotati. Tale accordo inoltre, non può contenere patti di trasferimento patrimoniale che esulino dalla normale corresponsione dei periodici assegni di mantenimento.
Entrambi i rimedi appena enunciati hanno il vantaggio di alleggerire il lavoro degli organi giudicanti dimezzando i tempi di attesa, e possono essere esperiti anche in caso di modifica consensuale delle condizioni di separazione o di divorzio precedentemente stabilite.
Si aggiunga che fino ad oggi lo scioglimento dell’eventuale comunione dei beni avveniva con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale, o con l’omologa di quella consensuale, mentre ora tale condizione viene addirittura anticipata al momento della sottoscrizione dell’atto ( se si tratta di accordo consensuale), o del provvedimento con cui il giudice autorizza i coniugi a vivere separatamente (se si affronta una giudiziale).
Tutte novità, quelle illustrate, dal retrogusto amaro, almeno per gli inguaribili romantici.
Fonte: www.lavoce.be